martedì 26 gennaio 2010

Una giornata di studio sul T.U. sull'Immigrazione promossa dalla consulta immigrazione in collaborazione con l'assessorato alle Politiche Sociali del Comune

Sabato 23 gennaio 2010, a Piacenza, nella sala della circoscrizione 1, si è tenuto un incontro pubblico sul tema “Decreto sicurezza e modifiche intervenute nella legislazione sull’immigrazione”.


Introduce i lavori della giornata l’assessore Giovanna Palladini ricordando che Piacenza è una comunità accogliente, c’è un ampio sviluppo del volontariato e una presenza importante di associazioni di promozione sociale, ma ciò non toglie che possono esistere gravi rischi per le persone immigrate. È necessario ricordare la situazione di crisi e le possibili conseguenze di una perdita di lavoro che possono mettere in discussione il permesso di soggiorno e spingere magari un capofamiglia in condizioni di illegalità. Scopo di questo momento di studio è vedere come si può continuare in positivo pur all’interno della situazione creata da questa norma.

La parola a questo punto a Paola Scevi –docente di Diritto delle Migrazioni della Cattolica.

La norma di riferimento è il T.U sull’immigrazione e il discorso prende l’avvio a partire dall’art. 10 bis, introdotto dalla legge 15 luglio 2009, n°94: “ Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato”.
Al primo comma dell’articolo si legge: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del presente testo unico nonché di quelle di cui all’articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68, è punito con l’ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Al reato di cui al presente comma non si applica l’articolo 162 del codice penale”.
 La prima questione da dirimere è che si tratti di un solo reato e non due. Il fatto dell’ingresso e di trattenersi nel territorio non può configurare due reati, del resto sarebbe impossibile trattenersi se non ci fosse stato un ingresso. La permanenza sussume l’ingresso che non è punito singolarmente. La sanzione prevista va da 5 a 10 mila euro e la competenza è del Giudice di Pace il quale potrà convertire la pena pecuniaria in un lavoro socialmente utile o a un domicilio coatto oppure si provvede all’espulsione. Si apre qualche possibile questione di illegittimità costituzionale, iun quanto si può intravvedere un uso strumentale della funzione della pena che appare come portatrice di contenuti contrari a quanto previsto in merito della nostra legge fondamentale.


Bisogna poi considerare il reato di favoreggiamento dell’immigrazione illegale di cui all’art. 12 in cui si parla di immigrazione, emigrazione e permanenza. Il reato è riferito a chi lucra tenendo una condotta che promuove, organizza questo traffico illegale. La fattispecie rilevante è la cessione di alloggio all’immigrato irregolare per il quale reato costituisce aggravante il caso in cui sia sbilanciato il sinallagma ovvero non sia equo il rapporto tra il valore dell’affitto e il canone richiesto in evidente sfruttamento di una situazione di debolezza del contraente immigrato irregolare. La sanzione per la cessione a titolo oneroso è una pena da 3 mesi a 6 anni oltre alla confisca del bene a meno che il proprietario non sia estraneo al fatto. Ciò si può ad esempio verificare in caso di subaffitto.

Viene fatto riferimento poi al “Protocollo di Palermo” dell’ONU col quale entra nel nostro ordinamento la considerazione della schiavitù che non è fenomeno d’altri tempi ma di fatto forte e presente anche oggi. basti pensare ai bambini definiti ARGAT cioè bambino operario – bambino schiavo

Altro argomento importante è il fatto che si può trattenere per 180 giorni l’immigrato in un centro di riconoscimento e di espulsione. Espulsione che può avere carattere amministrativo o giudiziario. Si deve ricordare che non si può trattenere alcuno senza l’atto di conferma dell’autorità giudiziaria., infatti c’è un preciso compito del giudice: emettere la conferma dei provvedimenti che incidono sulla libertà personale. È chiaro che non si deve poter fare una vera e propria detenzione amministrativa.

Un ultimo argomento è stato l’ACCORDO di INTEGRAZIONE. Al momento della richiesta del permesso di soggiorno deve essere sottoscritto tale accordo che determina una situazione paragonabile alla patente a punti articolata per crediti con specifici obiettivi di integrazione per tutto l’arco di presenza nel territorio italiano. Rispetto a questa norma manca il regolamento e ciò rende difficile l’attuazione. Il funzionamento dello strumento, come si diceva, richiama quello della patente a punti. I crediti possono aumentare o diminuire e se raggiunge lo zero l’immigrato può essere espulso.




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